martedì 27 novembre 2012

Davide Cencini, un altro talento emergente e indipendente

Più passano i giorni e più il fenomeno dell'autoproduzione letteraria ed editoriale sembra acquistare vigore sul mercato italofono. Oltre al caso di Stefano Lanciotti (intervistato sulle pagine di questo blog pochi giorni fa) la Newton Compton ha messo sotto contratto un'altra Penna indipendente: Anna Premoli, autrice di Come inciampare sul Principe Azzurro. Un successo ancor più sensazionale se si considera che l'autrice non ha né un sito Internet, né una piattaforma di scambio pubblico - a tal proposito, se qualcuno avesse il suo contatto sarei felice di scriverle per chiedere anche a lei di raccontare la sua esperienza, un po' come ha fatto su Narcissus. Inoltre, un altro ebook autoprodotto si merita pagine Internet e cartacee del Corriere della Sera: Io amo Amy di Stefano Michelini.

Oggi parliamo di un altro autore indie emergente che dal mondo dell'autoproduzione (non autopubblicazione e self publishing, come leggerete nell'intervista) è arrivato all'editoria tradizionale grazie a una nuova realtà, la Ute Libri. Il suo nome è Davide Cencini, fumettista e scrittore che ha creato l'universo alla base del romanzo fantasy Darkwing. Se ne volete sapere di più, ecco il link al suo sito personale (io consiglio in particolare le pagine dedicate all'elaborazione delle copertine) e alla sua pagina Facebook. Ma ora bado alle ciance (o meglio, spazio alle ciance) ed eccovi l'intervista che - come vedrete - va molto in profondità e rende bene l'idea di quanto deve investire una Penna indipendente per fornire un prodotto il più professionale possibile.

Mattia Bertoldi - Quali motivi ti hanno spinto a scegliere la strada dell'autoproduzione nell'agosto 2010?

Davide Cencini - In parte ero stanco di aspettare dagli editori risposte che non arrivavano, ma soprattutto credevo nella forza dell'opera nel suo complesso. Volevo dimostrare che Darkwing valeva e secondo me il miglior modo era partire comunque e farlo vedere realizzato, anche per conto mio, sperando che prima o poi si smuovesse un interesse editoriale attorno al progetto... alla fine, ho avuto ragione.

MB - Quanto ti è costata la preparazione del manoscritto e della copertina prima della pubblicazione? E in termini di tempo, quali operazioni sono state le più dispendiose?

DC - Be' i costi ci sono stati, non lo nego, e abbastanza consistenti. Considera che in realtà cerco di portare avanti il progetto da anni e in questo tempo ho commissionato illustrazioni, stampato manoscritti e inviato plichi a destra e a manca, per cui complessivamente credo di aver speso almeno 1500 euro. Se parliamo della spesa nuda e cruda per il primo libro, ho speso 90 euro per la copertina illustrata (ma parliamo del 2007, oggi una copertina doppia come quella ne costa 300) e sui 600-700 euro per un'ottantina di copie stampate da POD su cui sono andato più o meno in pari con le vendite ad amici, parenti, colleghi e conoscenti. Altri soldi li ho spesi per spedire il manoscritto a diversi editori e registrarlo alla SIAE. Purtroppo è praticamente impossibile guadagnare in questo modo, al massimo si può riuscire a non rimetterci, perché i costi di stampa per tirature basse sono piuttosto alti, specie se fai libri come i miei da 500-700 pagine... ma non si può mettere un prezzo di copertina oltre i 20 euro o non te lo compra nessuno.
In termini di tempo ne ho speso molto per l'editing e la realizzazione grafico-artistica, io e mia moglie abbiamo perfino realizzato da soli il logo della serie che poi è stato mantenuto identico nell'edizione ufficiale, e c'è stato anche parecchio lavoro di character design.

MB - Tu nasci come fumettista. Conoscevi già l'universo dell'autoproduzione, componente fondamentale nel mondo dei comics?

DC - Personalmente non mi sono mai autoprodotto nel campo del fumetto, ma lavorandoci da tempo conosco un po' la realtà dell'editoria self. La differenza più profonda tra l'autoproduzione fumettistica e quella libraria, ritengo sia la considerazione che è riservata nell'ambiente agli autori che scelgono questa strada.
Nel fumetto, l'autoproduzione è considerata un valore aggiunto che può fare da trampolino di lancio per una nuova idea; se gli editori hanno paura di rischiare un flop con un'opera che sembra troppo fuori dagli schemi, un autore può dimostrarne il valore autoproducendola. Oggi poi c'è Internet, "e un potente alleato essa è", come direbbe Yoda. Se l'ìdea funziona si affermerà e a quel punto scatterà quasi sicuramente l'interesse di un editore disposto a investire; potrei citare un caso recente, il webcomic "Davvero" di Paola Barbato a cui ho collaborato anch'io e che è stato preso dalla Star Comics, o l'esilarante Zerocalcare che sta spopolando con la Bao. Questo "giro di prova" all'editore non costa niente e permette di testare in concreto una nuova proposta. Ci sono casi di fumetti autoprodotti che si sono coperti di gloria, faccio un nome su tutti, "Bone" di Jeff Smith. Il fumetto accoglie gioiosamente questa forma di pubblicazione e gli offre risalto, non a caso da anni Lucca Comics presenta un'area Self tutta dedicata alle autoproduzioni.
Al contrario, nel campo dell'editoria libraria ho trovato atteggiamenti contrastanti, che vanno dal rispetto alla curiosità all'ostracismo aperto. Addirittura c'è chi osa equiparare l'autoproduzione all'editoria a pagamento; no, no, NO! Ogni volta che sento una cosa simile, ci perdo le staffe. L'editoria a pagamento è una truffa legalizzata, l'autoproduzione è cosa ben più nobile, parliamo di autori che credono nella propria idea al punto di voler diventare editori di se stessi e tale iniziativa andrebbe lodata, non deprecata. Invece a volte ci si ritrova davanti a editori che ti guardano inorriditi se gli dici che ti sei autoprodotto. Ritengo che questo sia un atteggiamento arcaico e ottuso derivante da un bisogno di monopolio, che punisce la forma invece di valutare il merito. Merito che naturalmente va valutato caso per caso, non è detto che l'autore "self" abbia partorito una cosa degna di pubblicazione, ma il punto è che non va scartato a prescindere per questo.

MB - Come hai promosso il libro, una volta caricato in Rete? Su quali canali l'hai diffuso?

DC - Principalmente tramite passaparola, amicizie e alcune recensioni su blog di settore. Purtroppo ero limitato dalla mancanza di un servizio di distribuzione, ora ce l'ho e posso promuovermi più efficacemente anche attraverso i social network. In fase di autoproduzione ho evitato di distribuirlo in ebook per evitare che il testo fosse piratato.

MB - Quali riscontri hai ottenuto dall'agosto 2010 al dicembre dello stesso anno, quindi durante i primi cinque mesi di vita dell'opera?

DC - Credo un centinaio di copie, in varie tirature, tra il primo libro e la pre-release del secondo... non ho tenuto il conto esatto.

MB - E come sono invece cambiate le cose nel periodo successivo? A quanto ammontano i download ora?

DC - Questo dovresti chiedermelo tra qualche mese, visto che l'ebook è uscito questa settimana! I dati sono in mano ai promotori che non comunicano direttamente con me, penso che l'editore mi darà un primo resoconto tra sei mesi/un anno.

MB - Come sei entrato in contatto con la Ute Libri - sono loro ad averti avvicinato o viceversa?

DC - Mi hanno contattato loro. Ute è una novità nel panorama editoriale italiano, partita a settembre 2012 quindi nuova di zecca, ma molto ben organizzata; pur non essendo una "major" riescono a lavorare con una distribuzione a livello nazionale. Cercavano un progetto fantasy per la startup, un giorno un loro editor è capitato sul sito di Darkwing, e da semplice lettore, senza dirmi chi fosse, ha ordinato una copia del libro; lo ha letto, gli è piaciuto e mi ha chiesto se ero interessato a farlo valutare. Alla fine è stato scelto tra i vari progetti che avevano in ballo.

MB - Si sono mai espressi sulla tua decisione di autoprodurti? Lo hanno ritenuto un vantaggio, uno svantaggio,...?

DC - Non gli è importato nulla. Anzi, semmai potrei dire che hanno avuto l'intuizione di capire che un libro che è già passato nel canale dell'autoproduzione e ha dimostrato con le sue sole forze di poter guadagnare qualche lettore e qualche buona recensione, è già un cavallo un po' più sicuro su cui scommettere di un completo sconosciuto. Mi hanno chiesto solo di togliere dalla circolazione la versione autoprodotta, come è giusto e naturale. Questa apertura mentale mi ha molto sollevato dato che in passato un editore che aveva valutato positivamente il romanzo aveva comunque declinato la pubblicazione perché secondo lui "il libro aveva già avuto una diffusione, seppur minima, e non era una novità assoluta"; è un atteggiamento che non capisco, come se qualche decina di copie facessero la differenza tra un successo e un fallimento; per fortuna non tutti la pensano così.

MB - Cosa consiglieresti a un giovane autore di fantasy - di autoprodursi o di tentare la via tradizionale?

DC - Anche se è difficile trovare sbocchi, consiglio di cominciare sempre dai canali tradizionali e poi, se non riescono a spuntarla, tentare l'autoproduzione. Io ho fatto così. Autoprodursi significa assumere in parte i compiti di un editore, una cosa che non tutti sono in grado di fare. Scrivere diventa il meno; bisogna preoccuparsi personalmente di editing, grafica, cercare la tipografia o il servizio che ti fa un buon lavoro senza farti spendere troppo; se vuoi fare bella figura dovrai pagare di tasca tua un illustratore o un fotografo per realizzare una copertina che ti faccia apparire professionale. Poi c'è il problema della distribuzione, che spesso è manuale (anzi, pedonale!), e la promozione su internet ti porta via tantissimo tempo.
Insomma, bisogna essere consapevoli che questa strada richiederà un grande lavoro. Non è una stupidaggine; molte autoproduzioni restano invisibili per questo. Oltre che faticoso e costoso, autoprodursi un libro è rischioso, perché come dicevo prima, c'è il rischio che gli editori non ti accettino o ti scambino per un autore che ha pagato per pubblicare. Io ho fatto un po' un salto nel buio con questa decisione, potrei dire addirittura che è stata una scelta incosciente; mi è andata bene, ma avrei potuto con altrettanta facilità bruciarmi l'esordio o finire nella trappola dell'editoria a pagamento. Per cui, meglio spedire qualche manoscritto e aspettare un annetto, poi se nessuno risponde va benissimo autoprodursi, a quel punto però se si vuole avere successo bisogna farlo con assoluta convinzione.

MB - Quali sono, a tuo parere, i fattori determinanti che ti hanno permesso di passare dall'autoproduzione all'editoria tradizionale?

DC - Sicuramente il fattore qualità; non parlo solo della qualità del testo in senso stretto, dove ritengo di poter ancora migliorare, ma anche del lavoro fatto per dare al progetto una veste professionale, che inizialmente è la prima cosa a suscitare interesse. Poi c'è una profonda cura sotto l'aspetto narrativo, uno stile di scrittura visivo e un'ambientazione molto dettagliata che credo abbiano convinto l'editore a investire su un esordiente.
Il consiglio che do a chi si autoproduce, è che se si vuole lanciare una nuova proposta, è ESSENZIALE che al pubblico appaia solida. Nessuno si interesserà a un libro che si presenta male perché immaginerà che il testo sia altrettanto scadente. Bisogna curare la veste quanto il contenuto. Partite dalla copertina e assumete un professionista, che sia un illustratore, un fotografo o un semplice grafico, ma che ci sappia fare. Non trascurate titolo, quarta di copertina, impaginazione. Prendete a modello un prodotto editoriale fatto bene e imitatelo. E per l'amor di Dio cercate su Internet un editor che vi corregga i testi, o farete la figura dei dilettanti - io ancora mi mangio i gomiti per i refusi che c'erano nella prima edizione di Darkwing! Se fate una cosa fatta bene, nel momento in cui darete il vostro manoscritto a un potenziale editore avrete molte più possibilità che non finisca nel cestino o a prendere polvere in uno scatolone!

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